Bologna, Vermeer e La ragazza con l'orecchino di perla

Ho cercato gli sguardi vicino a me, ne ho fatto sogno
e sostanza, memoria e previsione del futuro.
Mi sono perso in loro e ugualmente loro si sono perduti in me.
Siamo rimasti in equilibrio su questo filo, dove la bellezza era pericolo
e insieme regalo.
Credo di avere dipinto così anche la ragazza con l’orecchino di perla”.
(Marco Goldin, La ragazza con l’orecchino di perla, atto unico per il teatro, dal catalogo della mostra)

 A Bologna, a Palazzo Fava per esser precisi, l'onore di poter ospitare un dipinto dalla magia indiscussa come La ragazza col turbante (1665) di Jan Vermeer, più noto a tutti come La ragazza con l'orecchino di perla. Dall'8 febbraio al 25 maggio.

entrata museo

A me l'onore di averla visitata in una preview dedicata ai blogger, giovedì 30 gennaio scorso, a me l'onere di raccontarvi di questa giornata e di questa mostra, fortemente voluta e organizzata da Segafredo Zanetti, sponsor dell'evento, Linea D'Ombra e LDB Advertising.

È vero, a molti blogger non piace ciò che è sponsorizzato, ma è altrettanto vero che le emozioni provate di fronte tale maestosità niente hanno a che fare con le locandine promozionali in cui lei, la ragazza, ha in mano una tazzina Segafredo. Le emozioni e le marchette, nel mio mondo, stanno proprio agli antipodi: Piazza Maggiore, i portici, l'aria fortemente culturale che si respira a Bologna  - quell'aria che da un pezzo a me a Firenze, per esempio, manca - esistono a prescindere dalle scelte di marketing che stanno dietro un evento di tale portata.

E senza gli inventori di quel marchio e senza il loro investimento, La ragazza con l'orecchino di perla in Italia non ci sarebbe arrivata... eh già... perché da quando sono cominciati i lavori al Maurithuis Museum a L'Aia, la sua sede originale, per lei e per le altre 36 opere che sono ospitate a Palazzo Fava, non era certo prevista una tappa europea: prima New York con 14 quadri, poi Tokio con non più di 30...

sala

Sotto una guida d'eccellenza come Marco Goldin, critico e curatore d'arte, fondatore di Linea D'Ombra, abbiamo effettuato il nostro tour nella Golden Age della pittura olandese. Ma di Rembrandt, delle nature morte e dei paesaggi ve ne parlerò in un altro post.

goldin

Oggi voglio soffermarmi su di lei, nell'ultima sala, da sola, isolata da tutti, La ragazza con l'orecchino di perla, un “tronie”, ovvero una figura, un volto, un ritratto di genere. Infatti, quella ragazza non è mai realmente esistita, al contrario del filone popolare nato con il libro di Tracy Chevalier e con il film che la vorrebbe serva di Vermeer stesso o di ciò che pensa chi la crede sua figlia: “Ognuno di noi guardando questa ragazza - ci ha detto saggiamente il Dott. Goldin - può inventare la storia che vuole.

tronie ok

E allora se avrete la fortuna di stare davanti a lei in un momento in cui non ci sarà grande ressa, inventatevi davvero la storia che volete e buttate un occhio a questi dettagli che un magistrale Marco Goldin ci ha saputo trasmettere, emozionandoci non poco: osservate gli occhi magnetici e il passaggio di sguardi molto ben strutturato che richiama a sé, ma allo stesso tempo tiene ad una certa distanza; desidera e si fa desiderare; quelle spalle che restano ferme e soltanto il volto che si gira;  rarefazione di movimento, si chiama in termini tecnici.

Fissatevi sul naso che sul lato destro scende senza soluzione di continuità, sfumando nella parte alta della guancia; fascia frontale color cielo e con il blu di lapislazzuli (un colore molto costoso ai tempi di Vermeer, tra l'altro).

Lasciatevi ammaliare dalla bocca di cui l'ultimo restauro del 1998 ha fatto emergere due tratti che la farebbero ancor più reale: due tocchi di rosa nel labbro superiore e il lato sinistro della bocca, leggermente inumidito.

E infine l'orecchino, fatto con un unico tocco di pennello, e che accende tutto il quadro.

Ecco come si può far credere reale un personaggio che in realtà non è mai esistito, facendone un'ideale di bellezza non solo fisica, ma anche dell'anima, un'armonia che può esistere attraverso un dipinto.

Sì, lo ammetto, ho dovuto ricacciare le lacrime di commozione indietro, per non fare la figura della “bischera”, come si direbbe in Toscana...

okok

E se una tazzina in mano a questa icona su alcune locandine pubblicitarie servirà a smuovere un'Italia culturalmente impigrita, ben venga la tazzina, in un anno in cui - è bene ricordarselo - saranno numerose le opere di eccellenza presenti in mostre ben dislocate nel nostro stivale.

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