Consigli ed emozioni per visitare Trieste: una città sospesa tra passato e presente

Quando ci arrivai per la prima volta, un simpatico signore con in mano un bicchierino di vino rosso mi disse che se avessi voluto apparire come una locale, avrei dovuto innanzitutto chiudere quella e che io pronunciavo  sguaiatamente aperta nel nome della città, Trieste. Sebbene ci sia vissuta per tre anni, Trieste è una di quelle città che non oso classificare e tantomeno posso pretendere di dare un giudizio oggettivo, forse a causa dei suoi molteplici volti e del suo temperamento da donna battagliera e fiera. In questi casi è ancora più stimolante cercare le ragioni che ti portano a considerare una città come una seconda casa e sicuramente è più facile e onesto descrivere le sensazioni che una città trasmette piuttosto che tentare invano di dare dettami ferrei su che cosa vale la pena e che cosa non vale la pena vedere, cosa che, a mio parere, renderebbe i lettori e i potenziali visitatori passivi e poco propensi a scoprire ulteriormente e in maniera autonoma.

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Trieste non è una città monocorde, bensì è una polifonia di ambienti differenti bilanciati armoniosamente: l’architettura elegante, ordinata e possente del centro viene mitigata dalla presenza del mare, le cui onde sembrano sciabordare al ritmo del Danubio blu che riecheggia ancora da un passato neppure troppo lontano. Il blu dolce del mare si contrappone a sua volta con i bianchi rilievi spigolosi del Carso, costellati di passeggiate con vista mozzafiato sul Golfo, una di queste è la fantastica Napoleonica. Per raggiungerla, il mezzo migliore e più caratteristico è lo storico tram di Opicina, recentemente restaurato e di nuovo in piena attività; se siete studenti scaramantici prestate bene attenzione: una leggenda narra che chi ci sale prima della conclusione degli studi, non si laureerà mai!

Trieste è un condensato di città d’arte, mare e montagna, senza dimenticare che è anche porto e città di confine, il che la rende estremamente varia e culturalmente dinamica. Del trascorso austriaco di Trieste si hanno numerose testimonianze, in primis nell’assetto urbanistico del centro, voluto come lo vediamo oggi dall’imperatrice Maria Teresa, che fece aprire viali e canali per assicurare una migliore circolazione dell’aria. La sovrana illuminata concesse anche l’apertura sul Carso di una sorta di agriturismi, dove i contadini potevano vendere i loro prodotti per un periodo limitato di otto giorni, da cui il nome di questa attività, osmiza, dallo sloveno osam, che vuol dire otto. Questa bella tradizione è stata mantenuta fino ad oggi: le osmize offrono i loro affettati, formaggi e soprattutto vino, dalla primavera fino all’autunno in terrazze immerse nella natura che permettono non solo di trascorrere delle ore di pace, ma anche di convivialità con gli altri allegri commensali.

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Al primo sole i triestini si riversano sulla loro “spiaggia”, il lungomare di Barcola, dove, nelle giornate estive più belle, è davvero difficile trovare un angolino in cui stendere il proprio telo: alla Pineta si sistemano gli anziani e la famiglie che vogliono approfittare dell’ombra concessa dagli alberi, c’è poi la zona dei Topolini, gli stabilimenti balneari chiamati così per la loro forma somigliante alle orecchie del topo disneyano e poi c’è il lungo e ampio marciapiede, non esattamente comodo, ma estremamente tipico, dove si mette in mostra un gran mercato di umanità: c’è infatti il trio che gioca a carte, gli studenti che fanno finta di sfogliare qualche pesante tomo in vista degli esami, le signore che pettegolano in triestino. L’accesso al mare avviene tanto per cominciare molto velocemente, per evitare di grigliarsi i piedi sul marciapiede, e da alcune scalette perennemente affollate di bagnanti dubbiosi sul da farsi. Oppure ci si può tuffare direttamente dagli scogli, alternativa riservata solo a chi conosce davvero le asperità dell’impresa: non per niente esiste addirittura una competizione di clanfe, dei tuffi che realizzano muleti, muli e muloni (a seconda della fascia d’età) piegandosi a U, con  l’intento di provocare il maggior numero di schizzi. Una chicca imperdibile è trascorrere una giornata al mare e godersi il tramonto con le gambe a penzoloni e gli occhi rivolti al maestoso ed eterno Castello di Miramare, la cui area di mare circostante è oggi oasi WWF. Per completare il panorama balneare di Trieste, non si può non parlare del Pedocin, uno stabilimento dal lato opposto rispetto a Barcola, dove la spiaggia delle donne è separata da quella degli uomini, proprio come ai tempi di Maria Teresa d’Austria.

Visitare il castello di Duino: a due passi da Trieste, una dimora storica a picco sul mare

Passeggiando per la zona pedonale del centro, può capitare d’imbattersi in un anziano signore con un bastone da passeggio. Ebbene, abbiamo incontrato il Sig. Umberto Saba, o meglio, la sua statua, posizionata in prossimità della libreria antiquaria che era stata proprietà dello scrittore triestino e che tuttora porta il suo nome. Di statue come la sua ne possiamo trovare altre per la città, testimoni, insieme ai caffè storici, del fermento letterario che viveva Trieste nel ‘900. Italo Svevo, con un libro sottobraccio e il cappello appena levato dal capo, si trova in Piazza Hortis, diretto alla Biblioteca Civica, mentre il suo celeberrimo insegnante d’inglese, James Joyce, ammira uno degli scorci più belli della città, a Ponterosso, su uno dei ponti del Canale. Questi grandi scrittori vivono ancora nella città che li ha ispirati e per le strade su cui hanno posto i loro passi, osservano il grande viavai di gente per le strade come probabilmente facevano al tempo, per creare quei personaggi di immensa umanità. Ebbene, Trieste è davvero una città sospesa fra passato e presente, si respira un’aria di nostalgia, di qualcosa che è andato, ma ha lasciato dei segni e ha temprato gli animi. Alla fine della giornata, non c’è nulla di meglio che concedersi una sosta sul Molo Audace, dove le famiglie vanno a passeggiare la domenica, i giovani a suonare la chitarra il sabato sera e gli studenti delle facoltà vicine a pranzare in settimana. Se si è fortunati, si potrà anche incontrare una signora che ti racconterà come la Bora non soffia più come una volta, che la gente un tempo doveva aggrapparsi a delle corde poste ai lati dei marciapiedi quando il vento soffiava forte e che i coppi dei tetti volavano come piccioni nel cielo.

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Massimiliano d’Asburgo visse per un certo periodo presso il Castello di Miramare, venne in seguito nominato Imperatore del Messico e lasciò Trieste. La sua sorte non fu però fortunata e morì fucilato. Avevano ragione i triestini a ricordargli prima della partenza  “Massimiliano, Miramare non lasciare, sennò non ci potrai più tornare”. E così noi visitatori, onde evitare che questo monito abbia delle conseguenze nefaste anche per noi, compiamo un piccolo gesto all’uscita dalla città: passando per la grande galleria rocciosa si suona tre volte il clacson, come saluto e promessa di ritornare presto a Trieste.

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