Etica di viaggio: rispetto in primo luogo

Leggo ovunque si parli di viaggi, che si tratti di internet o di carta stampata, in italiano preferibilmente ma sempre più spesso anche in inglese. Leggo i post e, se ci sono, amo leggere i commenti e le discussioni che ne derivano. Mi affeziono a certi argomenti, spesso agli autori, e mi appassiono quando qualcuno si pone su un piedistallo e pretende di essere "migliore" o elargisce giudizi sulla base di una singola esperienza, spesso riferita e non vissuta. Date una letta a questo "diario di viaggio in Thailandia", senza però farvi prendere dallo sconforto o dall'ansia, la Thailandia non è come è stata descritta dal malcapitato turista autore di questa recensione.

Etichette, la base del razzismo

Un passo indietro: non amo le etichette, che in realtà reputo più idonee a classificare i capi d'abbigliamento che le persone. In molti siti sembra invece fondamentale identificarsi come viaggiatori per prendere le distanze dai turisti. Mi domando "perché?" e non so darmi una risposta, non trovo una motivazione plausibile che spinga obbligatoriamente a voler far parte di una categoria rispetto ad un'altra. Che male c'è a desiderare una vacanza? Io non mi considero un "viaggiatore" ma un turista che ama viaggiare e che nel tempo ha imparato a rispettare i paesi che visita e le culture dei popoli che abitano quei luoghi. Cerco di arrivare informato alla mia meta in modo tale da "entrare" facendo meno rumore possibile, consapevole comunque che ogni persona ha un impatto ben più forte di quello che possa immaginare, economico in primo luogo, culturale subito dopo.

Per spiegarmi senza annoiarvi troppo faccio con voi una semplice considerazione: turista o viaggiatore, in vacanza o per lavoro, chiunque arrivi in un certo posto ha inevitabilmente l'effetto di movimentare capitale monetario. Ne consegue, per la legge di mercato di domanda/offerta, che quella destinazione si trasformi per adeguarsi alla crescente richiesta e aumentino i prezzi per coprire le spese affrontate per adeguarsi e i costi maggiorati li affrontano non solo i vacanzieri ma anche la gente del posto che qualche volta si trova costretta ad adottare espedienti e... si potrebbe andare avanti all'infinito. Oltre alla questione monetaria, chi viaggia impone involontariamente anche cambiamenti di tipo culturale visto che costringe la gente del posto a relazionarsi con lingue e modi d'essere diversi dal proprio e a fornire al cliente quello che si aspetta di ricevere.

Tutto corretto in un ciclo evolutivo inevitabile ma non dovremmo cercare di capire a cosa ci troveremo di fronte piuttosto che pretendere che chi ci ospita sappia a priori cosa vogliamo e chi siamo?

Ecco quindi 2 prime considerazioni pratiche e semplici per chi dovesse decidere di venirmi a trovare da questa parte del mondo.

Andrea scritto con caratteri tailandesi sulla sabbia, chiaro no?

La lingua. Molti problemi di chi arriva in Asia sono proprio comunicativi. Non dovremmo mai dare per scontato che tutti parlino inglese. Come non è vero per il nostro "Bel Paese" non lo è per le altre parti del mondo. Qui, oltre alle difficoltà che in certe zone ancora si hanno per la più elementare alfabetizzazione, imparare una lingua straniera non significa solo apprendere e memorizzare suoni nuovi ma anche una grafia diversa. Capita spesso, ad esempio, che i tassisti non capiscano dove vogliamo andare e non sappiano neanche  leggere l'indirizzo se scritto con caratteri occidentali. Che siate in Cina o in Cambogia, procuratevi l'indirizzo di dove siete diretti scritto nella lingua del luogo. Più per accattivarvi la simpatia della gente del posto che per comunicare realmente, cercate anche di imparare qualche semplice parola nella lingua locale: di certo la gente apprezzerà lo sforzo e sarà ben disposta a cercare di capirci.

Le mance. Da bravi italiani siamo poco abituati a lasciare la mancia, spesso vero salario per i lavoratori asiatici. Ovviamente non sto dicendo che sia un obbligo. Un esempio pratico: Spa tailandese per massaggio - costo medio per 2 ore di thai massage 400 baht (pari al cambio attuale a circa 10 €) in camera privata (credo in Italia sia circa 5 o 6 volte più caro) - il massaggiatore riceve circa 50 baht per la prestazione e se va bene a fine giornata ha massaggiato 4 persone (8 ore di lavoro non proprio leggero) per 200 baht totali. Il suo far bene il massaggio è di certo in previsione di soddisfare il cliente e quindi di ricevere una mancia; a casa ha probabilmente dei figli e deve mandare ai genitori i soldi a fine mese (non c'è un sistema pensionistico o di assistenza sanitaria); inoltre visto che vive in una paese turistico i prezzi tendono ad aumentare continuamente anche per lui (vedi sopra). Lasciare la mancia pertanto non è solo indice di gradimento del servizio ricevuto ma è un vero e proprio retribuire. Ho letto recentemente che una ventina di anni fa dare una mancia a Bali era considerata un'azione offensiva; vi assicuro che non è più così. Inoltre, il trattamento ricevuto in seguito sarà migliore e potrete anche evitare che cerchino di fregarvi per arrotondare il guadagno.

Interno di un hotel di Bangkok

Concludo questa prima manciata di considerazioni dicendo che incontro spesso giovani che hanno ribrezzo ad essere considerati turisti e si autoincensano come viaggiatori senza accorgersi della tristezza che si portano appresso con i loro zaini e la loro strafottenza. Sono uno che va spesso controcorrente e vivendo qui mi imbatto quotidianamente con chi ad ogni costo deve vantarsi di aver risparmiato e passa tutto il tempo con altri viaggiatori a parlare di viaggi, senza guardare neppure in faccia il cameriere che si fa il c@#o (scusate l'espressione) per rendere piacevole il suo ca@#%ggiare e alla fine la mancia non la lascia e forse si lamenterà pure che in quel posto hanno cercato d'imbrogliarlo.

Tenete gli occhi aperti perchè il "pacco napoletano" (e non me ne vogliano i partenopei per l'accostamento) ve lo posso rifilare ovunque, non c'è bisogno di farsi 10 ore d'aereo.

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