Ho sbagliato scuola di sci. Ecco perché. Ecco "i rimedi".

Sono sempre una persona positiva. Da quando mi sono licenziata dal mio tempo indeterminato, perdipiù statale, duramente conquistato, venendo via da un ambiente in cui non mi sentivo a mio agio, sono diventata zen, oltre che positiva. Mi godo il lusso di vivere di ciò che amo: scrivere, raccontare, scoprire, viaggiare.

Era tanto che non mi imbufalivo, ma ciò che è successo proprio in vacanza, un paio di settimane fa, a Plan de Corones, non poteva lasciarmi indifferente. Vi riparlerò a breve di questo "panettone" alto 2275 metri, perché vi sono un paio di musei che da soli valgono una salita qua. Ma prima mi tolgo il sassolino, ehm, macigno, dalla scarpa.

Non andate a Plan de Corones. Non andateci in inverno. Non andateci "lato Brunico". Soprattutto, non affidatevi alla scuola di sci Kronplatz.

Quest'anno abbiamo voluto cambiare meta per la settimana bianca. Siamo andati vari anni a Corvara ed è sempre stato bellissimo: enorme accoglienza sia in hotel (vabè, il Col Alto è spaziale!) che alla scuola di sci, dove abbiamo, negli anni, frequentato corsi di vari livelli, sia per adulti che per bambini; due anni fa Giacomo ha frequentato lo Skikinderland, splendidamente coordinato dalla mitica Renate: abbiamo sempre trovato una grande attenzione alle persone, voglia di fare gruppo, entusiasmo, professionalità e una grande cura dei più piccoli. I gruppi dei piccolini, composti al massimo da 6 bimbi, hanno sempre due maestre di sci, nessun bambino rimane mai indietro; i piccoli sono un piccolo gruppo compatto e unito, sempre felice, sempre sorridente.

Poi c'è Plan de Corones. O meglio, c'è la scuola di sci Kronplatz Ski School, con base a Riscone di Brunico. Sia io che i miei figli siamo stati messi in gruppi di nove persone nove. Giacomo, anni quattro, era con altri otto bambini (tedeschi) e un solo maestro. Bravo. Attento. Ma uno. E non è che si pagasse meno che a Corvara con due maestre ogni sei bambini. Qui i gruppi sono così.

Riguardando il sito della scuola di sci, ho notato che da nessuna parte è scritto il numero massimo di persone ammesso nei gruppi. Ho sbagliato. Faccio atto di pubblica ammenda. Ho toppato come non mi capitava da anni o forse come non mi era mai capitato a questi livelli, anche perché analoghi livelli d'imbufalimento non li ricordavo nemmeno.

Nove persone in un gruppo di sci. E come coordinarle? Semplice: all'occorrenza senza regole, in alternativa con regole eccessive.

Un giorno su al Plan c'era forte vento. La cabinovia è stata aperta alle 9,45 e prima nessuno sapeva se si poteva salire o meno. Il ritrovo della scuola sci, per gli avanzati, dunque per Marco e me, era su al Plan. Prima un maestro ha detto che nessun corso si sarebbe svolto su; ho lasciato Marco col suo maestro, giù; poi ho incontrato il mio, che invece ci ha fatti salire su. Io ho finito il corso su, Marco giù (ovviamente alla stessa ora). Il consorte si è incasinato con tutti questi su-giù (lui era addetto all'accompagnamento e al ritiro di Giacomo, io a quello di Marco). Abbiamo abbandonato Marco mezz'ora. Il suo maestro, non vedendoci, l'ha lasciato al Kroniworld, dove vanno in pausa i bimbi che fanno il corso lungo.

Il giorno dopo, con Marco, siamo arrivato "su" cinque minuti dopo l'orario di ritrovo. Lui ha preso il suo gruppo al volo, mentre stava partendo. Il mio era già partito. Mi sono imbufalita. Ho riacchiappato il gruppo (che il giorno precedente aveva lasciato a piedi un'altra persona) dopo una mezz'ora. Il maestro è stato inflessibile e rigidissimo. Gli ho dato dello stronzo (non per avermi lasciato a piedi, ma per non avermi salutato o sorriso quando mi sono unitae perché non è venuto a ritirami lui, ma ha mandato una persona del gruppo) e sono andata a sciare per fatti miei. Poi mi ha investito una snowboardista polacca, assai pesante, e sono ancora qui a fare gli impacchi al ginocchio con l'argilla verde.

Sono rimasta delusa. Imbufalita e delusa.

Sono vent'anni che organizzo da sola i miei viaggi, poi quelli con Enrico, adesso quelli di famiglia e mai ho fatto un errore così grossolano.

Provo ad analizzare, ma prima una cosa la devo dire: il Plan de Corones è un posto incantato, le piste sono molto belle, larghe, poco affollate e l'innevamento è perfetto (non per nulla è un comprensorio inserito nel Dolomiti Superski).

Ho visto altre scuole di sci, sul Plan e, sinceramente, ho visto meno persone intorno a un maestro, ho sentito parlare italiano (sia io che i miei bimbi eravamo gli unici italiani dei nostri rispettivi gruppi) e ho visto tanti sorrisi.

Ecco qui quello che io penso siano stati i miei errori di valutazione.

  • Al Plan de Corones si accede da nord (Riscone), da sud (San Viglio di Marebbe) e da est (Casola). Gli italiani fanno base a sud; i tedeschi (e noi, ahimé!) a nord. Ho sbagliato.
  • La clientela tedesca è puntuale, rigorosa. Quella italiana meno. Con otto tedeschi e un italiano nel gruppo devi avere regole tedesche. Ho sbagliato.
  • Due punti di ritrovo diversi per livelli di sci diversi sono un ostacolo. Ho sbagliato. Però, a proposito di regole, dovrebbero essere regolamentati i ritrovi anche delle giornate di maltempo (vento o neve), dove invece c'è un'anarchia pazzesca.
  • Se sul sito di una scuola sci non c'è scritto il numero massimo di persone ammesse ai corsi collettivi, non si può dir nulla se si pensa che ce ne siano troppe. Ho sbagliato.

Tutto questo, per me, sarà di lezione per i prossimi anni. A voi posso dire solo di fare sempre attenzione, di non dare mai nulla per scontato.

Si sbaglia tutti, si può sbagliare sempre. Un errore grossolano come quello che ho fatto io può rovinare una bella vacanza come l'ha rovinata a me. Mi sono imbufalita, avvelenata, è stato un crescendo di rabbia e di sensazioni negative che poi, in un momento di distrazione, mi hanno portato a fare un incidente sugli sci che non avevo mai fatto in anni e anni di sciate. Io che sto sempre attenta; io che ho paura di cadere perché "poi sennò mi rompo un ginocchio e non posso più sciare".

Mi sono arrabbiata e non potevo fare altrimenti: mi sono ritrovata in un posto in cui non mi sono sentita a mio agio, in cui ho avuto paura che i miei bimbi non fossero ben controllati. Mi sono sentita un numero e non una persona. È stato molto brutto.

Chi lavora nell'accoglienza dovrebbe accogliere.

Chi lavora mentre gli altri sono in vacanza dovrebbe considerare che in vacanza si possono fare anche cinque minuti di ritardo, soprattutto se di mezzo c'è una cabinovia all'ora di punta con un quarto d'ora di attesa.

Chi insegna dovrebbe pensare prima agli individui che alla tecnica. Un maestro che in due giorni lascia a piedi due persone saprà pure insegnare la tecnica, ma non sa stare con la gente.

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