Il Castello di Sarteano, rocca inespugnabile

Tutte le città e i borghi della Toscana hanno una fortezza, una rocca, un castello. Al massimo una torre di guardia, ma non c'è villaggio che non abbia testimonianza di secoli di lotte e litigiosità comunali, oggi felicemente mutata in sfrenato campanilismo. Sarteano, in provincia di Siena, non fa differenza.
Posta a cavallo della Val d'Orcia e della Val di Chiana, sentinella dei confini della Repubblica di Siena con lo Stato Pontificio, si estende e si inerpica sulle pendici di un rilievo basso ma ripido. Ancora oggi il viaggiatore che esce dal casello autostradale di Chiusi e prende la statale, dopo un tratto pianeggiante inizia a salire balze dolci in cui l'ulivo si alterna alla vita, in un panorama non così diverso da quello dipinto da Simone Martini settecento anni fa. Dopo una curva, finalmente, appare Sarteano ed il suo castello: la massiccia mole grigia, scabra e geometrica, che ancora oggi trasmette una sensazione di potenza.

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Parlando di castelli bisogna fare una breve digressione: non tutti sono uguali. Il Castello Sforzesco a Milano era fortezza e reggia, luogo di svago e dimora per la corte ducale ma anche temibile macchina da guerra. Il castello di Torrechiara a Parma (quello del film Ladyhawke) era luogo militare ma anche residenza di un piccolo feudatario locale. Il castello di Sarteano era esclusivamente una struttura militare, con uno spazio abitativo per il castellano ed i ricoveri per i soldati. Una piccola caserma, per fare un paragone.
Salite le viuzze tortuose di Sarteano: il fiato potrebbe un po' mancare a voi, che calzate scarpe da ginnastica. Pensate ai soldati di Ladisplao Re di Napoli che tentarono di assediare il borgo, e dovette andarsene sconfitti.
Prima di arrivare al castello vero e proprio si trovano i resti, in parte abbattutti, di una serie di fortificazioni più recenti: annessa Siena al Granducato di Toscana, il vecchio castello medievale fu potenziato con baluardi e cannoniere, discrete aperture nei muri, basse e lunghe, che spiano il visitatore. Tra il castello e queste opere militari si apre un piccolo pianoro, trasformato in parco, dove ci si può godere il panorama toscano, o mangiare qualcosa seduto ai tavoli: il Comune ha trasformato questo spazio bellico in parco, dedicandolo alla Pace.
Poi tutto cambia ed una fitta boscaglia di lecci cela alla vista la grande sorpresa: la mole del Castello. Il Granduca Cosimo lo lasciò in appannaggio all'ultimo castellano, Eustachio Fanelli: lui ed i suoi eredi lo hanno posseduto fino alla fine del XX secolo, senza però abitarci. L'incuria, il tempo, il disinteresse, lo avevano ridotto in uno stato quasi di poetico rudere. Il Comune lo ha comprato e ha dato avvio ad un preciso restauro: la torre sbrecciata è stata ritirata su, e resa nelle sue forme originarie senza per questo dare vita ad un falso: la cortina muraria non è liscia ma lasciata scabra, e la volumetria è semplificata.

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Il castello di Sarteano sembra uno di quei castelli che disegnavamo alle elementari, da tanto che è semplie e preciso nelle sue forme: ci sono le due torri rotonde agli angoli, i camminamenti di ronda che le uniscono e l'ingresso con il ponte levatoio. All'interno di tutto questo, il corpo del mastio (o maschio), una alta, tozza e severa mole quadrata che si estende in altezza per quattro piani, e che si vede da lontano. Oggi si entra da una porta ricavata negli Anni Venti al piano terra, ma originariamente bisognava salire sulle mura e da lì attraversare un secondo piccolo e stretto ponte levatoio, in legno naturalmente. In caso di assedio se i nemici fossero riusciti a superare le cannoniere ed avessero espugnato le mura e fossero penetrati all'interno del recinto del castello, i difensori avrebbero potuto sbarrare questo accesso e sarebbero stati ugualmente sicuri e protetti.

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Il mastio ha poche e piccole finestrelle quadrate, com'è giusto che sia per una struttura non di piacere, ma militare. Ci sono solo quattro stanze per piano, disposte a croce e collegate con due scale: una, ripidissima, a chiocciola, l'altra, dritta ma ugualmente ripida, che segue il profilo del castello. Oggi le sue stanze spoglie e disadorne dagli altissimi soffitti voltati ospitano non più soldati ma mostre o per iniziative culturali promosse dal comune e dai camminamenti non si scruta più il passaggio del nemico ma i colli dolci e poetici delle terre di Siena.

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