Il giardino medievale: l'hortus conclusus

Nel Medioevo la situazione politica e sociale non favorisce la cura e lo sviluppo dei giardini. Nei castelli, strutture militari, se ci sono degli spazi verdi sono impiegati ad orto, cioè per la sussistenza. Così anche dentro le città: ecco il motivo se ancora adesso nei centri storici si può incontrare “via della vigna”, “via dell’orzo” e simili.

Hortus conclusus: come si origina e dove trovarlo

È invece al riparo dei chiostri, nelle abbazie e nei monasteri, principali luoghi di trasmissione del sapere almeno fino al XII secolo, che la cura e l’attenzione al giardino viene preservata e si sviluppa secondo una precisa filosofia. Si parla quindi di hortus conclusus, letteralmente di “orto chiuso” (da mura).

In ambito religioso i giardini a cui naturalmente si fa riferimento sono quelli dell’Eden, l'hortus conclusus del Cantico dei Cantici e quello di Giuseppe di Arimatea, dove fu scavato il sepolcro di Gesù. Spontaneo, quindi, che i monaci organizzassero i loro giardini secondo questi modelli, senza però perdere di vista la componente pratica legata alla sussistenza.

hortus conclusus: Chiostro e giardino dell'Abbazia di Polirone
Chiostro e giardino dell'Abbazia di Polirone

Il chiostro: elemento dominante dell'hortus conclusus

Il fulcro di questo mondo è il chiostro, solitamente a pianta quadrata o rettangolare, su cui si affacciano le celle dei monaci, il refettorio e la sala capitolare. Due viali lo dividono in quattro zone, richiamando le quattro parti del mondo secondo la geografia antica. Già da questo si può capire una caratteristica di tutto l’impianto del giardino monastico: ogni sua parte rimanda a qualcos’altro, in una continua metafora.

Dove si incrociano i due viali ortogonali ci può essere un albero, che ricorda l’albero della conoscenza nell’Eden o il legno della Croce. Oppure una fontana, simbolo di Cristo fonte di vita. Passeggiarvi è momento di riflessione e preghiera.

Fiori e piante dei chiostri

Nei quadrati si potevano coltivavano piante e fiori per adornare gli altari (iris, giglio e rosa), per scopi alimentari e medicinali. Questo dipendeva innanzitutto dall’estensione dell’abbazia. In quelle di maggiore estensione il giardino era diviso secondo quanto prescritto dalla Regola di San Benedetto: horti, cioè gli orti, pomaria, cioè i frutteti, viridaria cioè i giardini con alberi ed infine gli herbaria, dove coltivare le erbe officinali.

Fa fede il prezioso documento che è la pianta del monastero di San Gallo, dell’820. Indica i diversi giardini, gli uni separati dagli altri e dà una descrizione precisa dell’herbularius, posizionato alle spalle della farmacia conventuale e della casa del frate farmacista. In uno stretto rettangolo circondato da bordure c'erano filari di salvia, ruta, cumino, finocchio, menta, papavero ed assenzio. Alberi erano piantati a circondare il cimitero. Non è specificato quale ma nulla vieta di credere che fossero cipressi, fin dalla civiltà etrusca utilizzati per ombreggiare le sepolture.

hortus conclusus: Herbularius (ricostruito) a Notre Dame d'Orsan
Hortus (ricostruito) a Notre Dame d'Orsan

Di questo mondo non restano testimonianze originali: i primi codici miniati che ritraggono i giardini sono molto più tardi e fanno riferimento ai giardini cavallereschi, dove dame e cavalieri godono dell’amor cortese.

Pochi sono i conventi che nei secoli non sono stati devastati, espropriati o che non hanno avuto vicende edilizie complesse, tant’è che oggi il più fedele giardino monastico è quello dell’abbazia di Notre Dame d’Orsan, frutto dell’accurato lavoro di ricostruzione di alcuni architetti paesaggisti.

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