La vita in una bolla (chiamata Coronavirus)

È strana la vita ed è strano quanto possa cambiare da un momento all'altro. Una delle parole d'ordine degli ultimo anni è senza dubbio 'resilienza'. È un termine che non mi piace e che uso poco, da quando ho cambiato vita: mi ricorda le prove meccaniche che facevo durante la mia tesi di laurea sui materiali nanocompositi. Ve l'ho già raccontato, vero, che da alcuni risultati della mia tesi sperimentale venne fatta una piccola analisi di chimica fisica teorica da parte di Marco Malvaldi? Sì, proprio lui, lo scrittore. Nei materiali nanocompositi si cercava la resilienza e adesso la resilienza è chiesta a noi.

Un bel salto, mi pare.

Forse troppo.

Da quando è scoppiata la pandemia del Coronavirus, ancora di più. Si vive alla giornata, si aspettano aggiornamenti, chi alla TV, chi su Internet. Tutti i bambini e ragazzi d'Italia sono a casa da scuola e non sappiamo fino a quando. Per certo fino al 15 marzo.

Lavorando da casa io vivo un po' in una bolla: ho molti contatti con persone che vivono in altre parti d'Italia, mentre quelli al mio paese sono limitati ai dieci minuti la mattina al bar, alla spesa una volta a settimana e agli scambi con le maestre e gli altri genitori quando accompagno e riprendo i bimbi a scuola e in piscina. E adesso che loro sono a casa, nemmeno quelli.

Ieri sera qui è stata fatta la prima ordinanza di quarantena per una famiglia. È una situazione strana, mi porta alla mente i momenti in cui studiavo il diritto amministrativo per il concorso in Comune: le ordinanze per motivi di sanità pubblica sono contingibili e urgenti e le firma il Sindaco, autorità locale a livello sanitario. Se fossi ancora a lavorare in Comune, quell'ordinanza gliel'avrei predisposta io, ieri sera, al Sindaco. Mi sembra una cosa stranissima, perché ho sempre visto quel tipo di ordinanza come qualcosa "che si deve sapere some si fa, ma non si farà mai". E invece non l'ho prodotta materialmente io, ma è uscita da una stampante a un chilometro da casa, probabilmente da quella stampante che anch'io per tanti anni ho usato. È qualcosa di reale. E a me sembra surreale. Un'ordinanza di quarantena. Qui.

Non credo sembri surreale solo a me.

Stamattina sono uscita per comprare delle cose: il venerdì è giorno di mercato e di solito c'è sempre un bel viavai. Oggi non c'era anima viva o quasi. Poche persone, ognuna per sé, molti ambulanti che già prima di mezzogiorno riponevano le loro merci.

Io ho un raffreddore bomba. Eccerto, la sera mi attardo a leggere con le braccia fuori dal piumone e qualche sera fa ho sentito freddo, ma ero alle ultime pagine di un libro e ho resistito. Amen. Ora mi becco il raffreddore e ancor più mi sento isolata. In una bolla.

Una bolla senz'altro dovuta al raffreddore, al mio orecchio che pochi anni fa ha subito una perforazione. Una bolla perché tutti cerchiamo di evitare i contatti: ci si sente al telefono, ci si vede via Skype, per vocale su Whatsapp, ma si resta isolati.

Si fa più famiglia con la nostra famiglia. Con le nostre famiglie. Noi genitori siamo in una situazione di imbarazzo nei confronti dei nostri genitori: da una parte abbiamo la necessità che ci aiutino, tenendo i nostri bimbi, per poter portare avanti i nostri lavori. Dall'altra c'è il timore che i bambini possano essere veicolo per la diffusione del Covid-19.

E noi siamo resilienti. E anche se non ci piace, anche se non ci va. E i nonni ancor di più. Santi nonni, santi subito.

Al di là dei miei pensieri, per ogni dubbio e per essere informati dalle fonti giuste: http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus

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