L'Amiata, Paolo e la Miniera di Cinabro
In un conclave naturale, abbracciati dalle pendici del monte Amiata, vulcano sopito, in una giornata malconcia, faccio un incontro... importante.
Incontro Paolo, uno degli ultimi Minatori della miniera di Cinabro.
Il Cinabro, una volta trasformato nei forni, diventa Mercurio, l'unico metallo liquido; gli scarti della lavorazione producono una tinta detta "rosso cinabro", ma più nota come "Rosso Pompeiano".
Mi guardo intorno e immagino che chi la mattina si incamminava verso il lavoro secondo me non lo faceva certo a cuore leggero, ma la miniera è un luogo della memoria ed è giusto per non sconfinare nell'egoismo e nell'oblio conoscere chi lottava ogni giorno per il proprio posto di lavoro, per la salute e per la vita stessa.
Se entrando, gli arnesi da lavoro ormai dismessi e fuori tempo, raccontano di quanto poco fosse il loro apporto alla fatica del minatore, incontrare Paolo che, nella miniera ci è sceso per 36 anni, chiarisce il quadro, a chiare note, con emozioni, parole, sguardi, sospiri apnee e pause.
Abbassa ogni tanto la testa come chi, per pudore, cela ricordi dolorosi e con estrema dignità si è chinato al suo destino... per amore della sua famiglia e di chi prima di lui lo aveva fatto con onore, suo padre e suo nonno, perso proprio in quella miniera.
La miniera non fu solo ricchezza, lavoro, futuro.... fu anche malattia (piorrea, tremore parkinsoniano da mercurio) fu morte... e lotte sociali lunghe ed estenuanti per i diritti e la sicurezza sul lavoro, perché il minatore quella miniera l'affrontava completamente indifeso.
Come si può descrivere il buio totale ed assordante delle viscere della terra, quello che condividi con i topi che con te dividono anche la tua colazione?
Non si descrive... è una sensazione di freddo assoluto nonostante il calore che sprigionava il vulcano... solo la speranza per la vita, l'amore per gli affetti, la grande dignità possono darti la possibilità di non impazzire... 24 giorni al buio a 35 metri di profondità, sotterrati da una frana, ecco come si sopravvive!
Mi sono chiesta perché gli uomini, in condizioni di estremo disagio, non considerano l'eventualità di scappare, cercare altro, un'altra dimensione... Paolo in qualche modo mi ha dato una risposta: la grande stima e amore che aveva per il padre gli ha impedito di sottrarsi ad un destino comandato, ad un padre che a quella miniera lo aveva consegnato a soli 14 anni.
Consiglio la lettura del 'Piccolo Minatore', in cui Paolo Contorni, con la dovizia di chi ha vissuto, vi guiderà nella sua miniera; e non sarà solo uno spaccato sul lavoro, ma sull'integrità e sull'impegno, sul sacrificio e sull'amore: un grande esempio che la nostra società, ormai alienata, non sa più cosa sia. Sono entrata solo per metà nella ricostruzione della miniera: non ho avuto il coraggio, mio padre ha lavorato nelle miniere in Belgio dove i cunicoli in cui "si infilavano" i minatori erano lunghi 150 metri ed alti solo quaranta centimetri... Trappole persino per i topi.
Guardando la foto ricordo dei minatori del 1905, si vedono uomini a torso nudo che imbracciano picconi: i loro erano fisici cosi scolpiti! L'occhio mi è caduto su quella piega della pancia rientrante che riconosco ancora oggi nel mio papà... mai più modificata, neanche oggi che ha 82 anni.
Una volta lessi che i minatori erano gli uomini più forti al mondo. Non solo fisicamente, aggiungo.
Lo stordimento nella vita non è sempre piacevole... ma è il dolore che fa apprezzare, come dice Paolo, la luce del Sole...
Ricordo che potete visitare il Parco Nazionale Museo delle Miniere dell'Amiata, qui il link.
Il tour continua... ed il resto sarà più leggero... sarà ancora l'accogliente acqua termale delle Terre di Siena.
laura