Matricola 0155 - DORA
...ed io che pensavo ci mandassero in Italia:
DORA è un nome italiano...
Non avevo fatto in tempo a diventar uomo, che già fui arruolato come alpino: armato ad Exilles, addestrato a Pinerolo, spedito in Jugoslavia, che poi attraversammo soltanto per andare in Montenegro.
Era il 1943, e un dì di settembre ci dissero che non eravamo più alleati dei tedeschi e che dovevamo dargli contro: vinsero loro, ed il 13 ottobre ci portarono via, dividendoci un po' qui ed un po' lì...
Noi ci destinarono nel luogo col nome italiano...
Bello! dissi fra me e me, ci mandano a casa, d'altronde siamo militari...
Le guerre, tutte, indistintamente, non dovrebbero nemmeno esser pensate, figuriamoci farle...
Matricola 0155: e lo zero prima del numero era importante, perchè i militari catturati erano zero, cioè non dovevano tornare a casa...
Avevo sentito dire che i tedeschi deportavano avversari politici, testimoni di Geova, ebrei, omosessuali e via così in luoghi terribili: noi s'andava a DORA, che non aveva l'apostrofo e nemmeno i capelli dorati...
Eravamo diventati operai, anzi minatori prima ed operai poi: ci misero ad ampliare dei tunnel della prima guerra, e ne producemmo 2 di 2km di lunghezza, larghi circa 13 metri ed alti 8.
Quando scoprimmo cosa ci si doveva produrre, alcuni furono vinti dallo sconforto. Chi non era morto di fatica, di fame, di sofferenze, decise eroicamente di impiccarsi, di sabotare, di ribellarsi, perchè aiutare a produrre i missili V1 e V2 era troppo.
Avevamo un cappellino, 1 camicia, 1 pantalone (niente mutande...), 1 giacca, stracci per i piedi e zoccoli in legno olandesi. Si mangiava 1 zuppa, margarina, 1 filone di pane da dividere in 6, una brodaglia che chiamavano caffè. I muratori e gli altri operai a notte andavano a dormire nelle camerate fuori dal tunnel: noi 0 no...
In 14 mesi di miniera vidi la luce del sole solo 4 volte......e non pensate che nel vitto fosse inclusa l'acqua: per dissetarci dovevamo leccare le pareti della galleria di nascosto, visto che, nonostante la temperatura di 7-8°C, nel tunnel c'era un'umidità del 90%.
Col tempo alcuni di noi seppero che ai minatori spettava una mezza zuppa in più della norma, per cui lo fecero presente al Kapò. Convocati dal capo squadra, ci portarono in un bosco vicino al luogo dove l'anno dopo costruirono il forno crematore. Dopo una ramanzina in tedesco che ovviamente nessuno capì, misero in fila i 7 "sobillatori" e li fucilarono davanti a noi. Dovemmo portar via i loro corpi con le carriole per poterli mandare via col treno a Buchenwald, dove "smaltivano" i corpi di chi non ce la faceva. Era il 15 dicembre 1943...
Dissenteria, scabbia, pidocchi e cimici erano i nostri compagni di viaggio...I
l 3 e 4 aprile del 1945 gli alleati bombardarono Nordhausen. Non ci liberarono négli americani, né gli inglesi, né chiunque altro. Il 5 aprile partimmo per quella che poi fu definita la Marcia della Morte. Marciammo per 24 giorni in direzione Mar Baltico, ed una mattina ci svegliammo soli, senza più nessuna guardia tedesca intorno...
Riconoscemmo in un cartello stradale il nome di una città del nord, e ci dirigemmo verso quella che poi divenne il luogo della libertà...
Ci sfamarono, ci vestirono, e ci aiutarono a tornare a casa: il 30 agosto 1945 finì la mia guerra e tornai a casa...
Racconto liberamente tratto dalla testimonianza di Albino Moret, nato in Italia il 7 aprile 1923 e partito da qui il 16 settembre 2003.
Purtroppo i dati della prigionia sono tutti reali...
Albino fu uno dei 138.000 uomini che produssero (e 90.000 vi morirono...), da schiavi, per conto di Wernher von Braun, mitico scienziato passato poi agli U.S.A., missili ed armi per l'Organizzazione tedesca di lavoro per il Reich, Deutsche Organisation Reichs Arbeit: la DORA...
Di Ernesto De Matteis