'ndo vai se il Carnevale non ce l'hai?

Ieri passavo velocemente tra le corsie del supermercato, quando ho visto con la coda dell'occhio le  offerte di caramelle in pacchi giganti: ho afferrato tre buste lanciandole malamente nel carrello, pensando 'così domani sera quando passano i bimbi del palazzo sono attrezzata'. Perche' in questo paesello francosvizzero, tutte le sere del 31 ottobre c'e' il giro dei campanelli dei bimbi mascherati da Halloween (i più piccoli accompagnati dalle mamme, anch'esse conciate da streghe) e la prima volta mi hanno colto impreparata: era domenica sera e in casa avevo solo qualche pacco extra large di chewing gums arrivati dagli Stati Uniti con l'ultimo viaggio di lavoro del marito. L'anno dopo me ne sono dimenticata di nuovo ma gli ho rifilato le caramelle mou polacche: ho fatto fuori due kg di tentazione da carie per mio marito ma, poveri bambini, gli avrò incollato i dentini da latte. L'anno scorso  gli e' andata meglio, avevo  ferrero rochers e crostatine del Mulino di fresca importazione da un viaggio in italia. Se quest'anno hanno ancora voglia di suonarmi, sarò finalmente equipaggiata di gommita' haribo.

Non e' che io ce l'avessi in particolare con Halloween, ma da quando vivo all'estero ho scoperto che mi manca il carnevale. Facendo un rapido giro di consultazione con altre mamme expat, mi risulta che il Carnevale sia solo festeggiato nei paesi ancora fortemente legati alla tradizione cattolica, ed in particolare solo in Spagna ci diano dentro come in Italia, tra calorie, sfilate e costumi. Il parmigiano, il prosciutto crudo, il pan grattato, il caffè decente al volo in un bar, gli inviti a cena improvvisati... A tutte le nostaglie da expat ci si può  in qualche modo abituare, compensando con le novità che il posto in cui si vive offre, ma se proprio ti assale la nostalgia canaglia da gorgonzola, apri il portafoglio, ti fai salassare dalla gastronomia gioielleria e ti fai il tuo panino d'oro al gorgonzola. Farsi il carnevale da se' e' impossibile, e' un evento che richiede per sua stessa costituzione il coinvolgimento di almeno un villaggio!

Vivendo in terre non carnevalizie, mi rendo conto di come da piccola Carnevale fosse una festa attesissima e bellissima: coi compagni di scuola si cominciava già da settimane prima a pensare al travestimento: qualcuno aveva il costume comprato, qualcuno la mamma o la nonna capace a cucire, la maggioranza trasformava vestiti strambi con l'aiuto di un po' di fantasia... E poi ci si impiastricciava tutta la faccia coi trucchi. Nella nostra scuola preparavamo una festa bellissima con un sacco di cose da mangiare che per me, bimba dal destino acetonemico, erano probitissime tutto l'anno e quindi ancor più deliziose. Al sabato c'era la sfilata dei carri nel mio quartiere a Torino e poi la domenica se andavo a far la gita fuori porta coi miei, ne trovavo altre, che da noi in Italia quasi ogni paese organizza una festa... Mi ricordo quella volta che il mio babbo mi issò su un carro in una di queste sfilate di paese, a me sembrava di essere altissima (anche se a pensarci ora, se il mio babbo mi ci ha messo su, ero probabilmente a 1 metro e mezzo da terra)  e lanciavo anche io i coriandoli dall'alto sui passanti... Insomma, Carnevale era un evento atteso quanto Natale ma più lungo del Natale, pieno di zuccheri e di colori. Altro che una sera sola a giro per le case a suonare gli appartamenti con un costume più nero che colorato.

L'idea che le mie figlie vivano un'infanzia priva del Carnevale mi pare incredibile quanto triste, perciò è deciso che a partire dal prossimo febbraio diventeremo turiste del Carnevale e andremo a cercarlo in giro per gli anfratti d'Europa dove e' sentito o torneremo in Italia, seguendo la scia dei coriandoli gettati da altre bambine issate sui carri dai loro babbi.

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