Scappiamo in Norvegia. O anche no. Dipende dai risultati delle elezioni 2013

DSCF1759

Nell'ora (o qualcosa in più, se va bene!) in cui Marco dorme, io dovrei essere davanti al mio computer (e ci sono) a scrivere come una matta. A lavorare duramente affinchè il mio sogno si avveri: riuscire a fare di Trippando il mio impiego principale. E invece sono di nuovo davanti ad una pagina vuota con la testa piena di idee che coi viaggi c'entrano poco. O forse c'entrano più di quando non si pensi.

Di solito quando la creatura si addormenta, alla sera, io e il DottIng cadiamo stremati. Qualche sera fa -ahimè- abbiamo osato accendere la televisione e, nel bel mezzo di un dibattito politico, ci siamo imbattuti in una sorta di documentario sulla vita in Norvegia. Siamo rimasti positivamente sconvolti dalla quantità di diritti che lassù hanno le famiglie. Dai numeri degli stipendi. Dalla buona volontà e dall'assoluta genuinità che il popolo norvegese ha. Perchè quando lo Stato dà, la gente ricambia. E viceversa. In un circolo di aiuti e di sussidiarietà reciproca. Perchè lo Stato siamo noi.

Oddio! Se penso di essere lo Stato Italiano, mi piglia male. Non per essere spocchiosa, ma, sinceramente, mi sembra di essere un pò meglio del mio Stato... Non perchè sono io. Perchè gran parte della gente che conosco (e sicuramente tutti quelli della mia generazione) mi sembra meglio dello Stato Italiano. Parecchio meglio. Ecco... di cuore, mi sentirei più norvegese che italiana. E anche Enrico. E' per questo che, da quella sera non facciamo altro che ripetercelo: "Si va in Norvegia anche noi?". Non si tratta di bizzarrie post-figlio di una coppia in cerca di nuovi stimoli. Abbiamo vissuto brutti anni di precariato. Entrambi. Insieme. Quando trovava lavoro l'uno, lo perdeva l'altra e viceversa. Erano anni in cui non si poteva pensare ad una casa, al matrimonio, alla famiglia. Dai e dai, ce l'abbiamo fatta. Con grinta e determinazione ci siamo conquistati il nostro "posto nel mondo". Abbiamo un teppistello meraviglioso. E che cosa ci manca? Ci manca tanto. Ci manca poter mettere a frutto le nostre capacità, la nostra fantasia. E' triste a dirsi, ma ci mancano valori in cui credere. Ci manca uno Stato che ci rappresenti. Ci mancano dei diritti, che come lavoratori vorremo e dovremo avere. Ci manca l'incoscienza di far crescere nostro figlio in un paese in declino. Un paese che non è in grado di offrirgli un asilo nido che non costi la metà di uno stipendio, la mamma e il babbo ad assisterlo quando ha bisogno. Ma anche un Paese che, più grande, se vorrà, gli offrirà una delle migliori Università del mondo. Per ritrovarsi, come noi, senza la possibilità di un lavoro all'altezza delle sue aspettative. E con uno stipendio, se va bene, che gli permetterà solo di vivere. O di sopravvivere.

Come la gran parte dei genitori italiani, io e il DottIng siamo molto figliocentrici. Vorremo dare a Marco il miglior mondo possibile. I diritti, le opportunità. Stiamo pensando seriamente di andarcene dall'Italia. Di  migrare in un paese "più evoluto". In un paese in cui dovremo fare lavori di fatica, a dispetto dei tanti anni anni passati con i gomiti sul tavolino a studiare. Ma un paese che potrà dare a Marco le opportunità che tutti i bambini si meritano di avere.

Molto dipenderà dall'esito delle elezioni che incombono. Dalla volontà (o non volontà) che avranno gli Italiani di cambiare il loro paese. Noi vogliamo cambiare. Ma da soli è impossibile. Ci piacerebbe cambiare a casa nostra, con i nostri amici. Speriamo possa essere così. Altrimenti andremo dove ci sentiremo più a nostro agio. Sperando di poter offrire a Marco il futuro che ogni bambino si merita.

Senza entrare in discorsi politici (per l'amor del cielo, lungi da me!)... Voi cosa ne pensate di questo "vecchio scarpone"?

Più o meno sullo stesso argomento, vi invito a leggere i post di FedericaElisa e Sara.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *