"Tutankhamon Caravaggio Van Gogh": in mostra la sera ed i notturni
Se dovessi riassumere con una emozione quello che per me ha significato essere presente alla Segafredo4Art, la visita guidata esclusiva alla mostra “Tutankhamon Caravaggio Van Gogh – La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento”, organizzata da Segafredo per i blogger, direi stupore.
Credo questa sia stata la sensazione che maggiormente ho provato durante il viaggio in duemila anni di arte, dagli Egizi fino agli artisti contemporanei.
Stupore per tanta bellezza eccezionalmente riunita in un unico luogo, ma anche stupore per come opere lontane le une dalle altre, nel tempo e nello spazio, una volta affiancate convivessero alla perfezione. E poi, stupore davanti alla Basilica Palladiana, l’imponente e maestoso scrigno che ospita questa mostra, aperta fino al 2 giugno.
Prima però di parlarne credo sia necessario fare una premessa.
Tutti i grandi eventi culturali portano con sé grandi polemiche, ed anche questa mostra non ne è stata esente. È uno dei motivi per cui ero curioso di vederla: questa occasione unica, dove tanti capolavori sono riuniti, ha veramente in sé qualcosa di scandaloso e di artefatta? Senza girarci intorno: una delle critiche che più ha risuonato è stata che questo contenitore culturale in realtà è solo un insieme di singoli pezzi meravigliosi, senza un disegno forte alla base, che serve per attirare visitatori paganti.
Invece non è così.
Dopo averla vista ed esserci stato, e soprattutto dopo che ho avuto il piacere e la fortuna di ascoltare direttamente da Marcon Goldin quale era l’idea che lo ha mosso, posso dire in piena sincerità che le critiche sono pretestuose.
A prima vista declinare il tema del notturno dagli antichi Egizi fino alla nostra epoca sembra un fil rouge troppo vasto ed un po’ tirato per i capelli, un troppo vasto contenitore dove si può mettere dentro tutto ed il contrario di tutto.
È solo comprendendo che la notte non è esclusivamente quella astronomica, non è solo quella che si alterna al sole, ma è anche uno stato dell’anima, qualcosa che può essere dentro di noi arriviamo a capire come questo tema possa essere declinato e presente in molteplici opere e molteplici stili artistici, e perché una Crocifissione di Bacon può dialogare alla perfezione con una di Veronese.
La mostra si articola in sei sezioni e nelle prime cinque viene dimostrato cosa può essere il notturno nell’arte; la sesta, quella conclusiva, merita un discorso a parte.
Con le prime due sale si entra nella notte vera e propria: un soffitto basso, mille piccoli punti luci disposti come stelle introducono nel regno di Osiride, e luci soffuse circondano le immagini dei faraoni e dei nobili defunti, in una notte più spirituale che terrena.
Uscendo da queste stanze blu si entra in quelle rosse: nella seconda sezione si glorifica la notte come sfondo all’arte sacra. Eppure la notte è sia l’avvolgente scenario in cui si colloca “L’adorazione dei pastori” di El Greco o “La crocifissione” di Poussin, ma anche la desolazione urbana che Antonio Lopez Garcia raffigura dipingendo quello che vede nella “Finestra di notte, Chamartìn” del 1980. La notte è anche la bocca buia, l’urlo muto ed angosciante della “Crocifissione” di Bacon del 1950, una raffigurazione della morte e del dolore immerso a passanti ed automobili indifferenti.
La notte è anche il buio, il nero, le ombre caratteristiche della tecnica dell’incisione: in un mondo così vasto Goldin ha scelto vertici, due maestri che hanno maneggiato il bulino e la puntasecca come nessun altro. In una sala si fronteggiano da un lato i chiaroscuri di Rembrandt, dove il buio ed il nero sono squarciati da lampi di luce, e gli spazi caotici ed oscuri de “Le carceri d’invenzione” di Piranesi, in cui la notte diventa essa stessa dimensione architettonica.
Dopo il bianco e nero delle incisioni arrivano i colori, le sfumature, le emozioni del notturno inteso come paesaggio, partendo dalla pittura romantica ed impressionista: ci sono le notti dipinte da Turner e da Friedrich e quelle degli americani della Hudson River School come Church e Homer, c’è la rivoluzione di Pissarro e Monet, e c’è Van Gogh. E dopo questi capolavori la notte vuota ed angosciosa di Hopper e di Andrew Wyeth, artista che non conoscevo e mi ha incantato.
Infine, quinta sezione, il Novecento astratto e concettuale, di comprensione forse meno immediata per chi non ha forti conoscenze di arte contemporanea quali Guccione, Rothko, Noland, per i quali la notte passa dall’essere qualcosa di esterno a noi ad il luogo più inconoscibile dentro la nostra anima. Io invece sono rimasto incantato davanti alla semplicità classica e semplice di Antonio Lopez Garcia, che dipinge ciò che vede fuori dalla finestra di casa.
La sesta sezione è tutta in una stanza: 9 capolavori di artisti che hanno segnato la propria epoca uniti in un solo spazio per riassumere quanto visto fino a lì, per raccogliere tutti i temi sviluppati nella mostra. Un sunto grandioso e stupefacente.
Un solo suggerimento: prendete una audioguida se andate alla mostra. Noi blogger siamo stati fortunati perchè ci è stata raccontata ed illustrata prima lo stesso Goldin e poi da una guida, Giulia, appassionata e chiara. Senza di loro probabilmente non l'avrei apprezzata così tanto.