Maremma. Gli uomini che sanno di mare
Mi capita, a volte, di fare una passeggiata sul Lungomare di Porto S. Stefano per godere di un buon sole primaverile o di una calda mattinata invernale (l'estate è, ovviamente, la stagione turistica per eccellenza e la passeggiata è alquanto affollata!); il tratto è lungo e vivacemente piastrellato dai disegni che Giugiaro firmò nel 1983, le panchine offrono la possibilità di godere della costa maremmana che si estende di fronte: Talamone, il Parco della Maremma, Magliano in Toscana...
Tornando indietro, dopo aver accumulato tutto il calore possibile, proprio alla fine del lungomare, mi piace allungare il tragitto sul braccio che si estende verso il mare, il molo Garibaldi (il nome non è a caso dato che l'eroe sostò qui il 9 di maggio 1860, come ricorda una targa posta sul muro) dove i pescatori, ormai in pensione, stanno alla "solina".
Non stanno isolati o in disparte, è che su quel braccio di terra artificiale c'è il loro mondo; le reti gettate a terra, sparse in grovigli apparentemente indistricabili e le bitte, dove sono ormeggiati i pescherecci che per lungo tempo sono stati la loro casa.
"Si partiva la notte e si tornava anche dopo 2 o 3 giorni"...e comincia il racconto, se sei curioso...
Mentre parlano (perchè basta chiedere ad uno che, ben presto, si forma il capannello) guardo le loro mani, i gesti ripetono le azioni che hanno fatto per lungo tempo, non riescono a stare ferme, sono loro le protagoniste: rugose, sagge ed affascinanti.
I racconti spaziano nel tempo, quando il pescato di qui sfamava la Roma del dopoguerra oppure nei tipi di pesce che pescavano nei vari periodi, di quelli che avevano maggior valore sul mercato e come si cucinano, si perchè i pescatori sono anche eccellenti cuochi.
Davanti a noi il fascino decadente dei pescherecci, avete fatto mai caso? Sembrano in procinto di affondare con gli scafi corrosi dal tempo e dal sale ma poi, se hai l'occasione di salire a bordo, scopri le tecnologie moderne di cui si dotano, una perfetta mimetizzazione.
Li saluto, non finirebbero mai di raccontarmi storie, ma preferisco lasciare ad altri curiosi come me il continuo dei loro raccconti.
Se vi dovesse capitare, chiedete loro della Ficamaschia e di come si cucina, non troverete le risposte se non qui, sul Promontorio del Monte Argentario.