L'Aquila, 6 Aprile 2009, h 3.32
Io non dimentico.
Ero in cucina, al computer, ad elaborare foto per una mostra del mio mentore e professore Sisto Giriodi.
4 secondi: così poco ma così nuova, come sensazione.
Sordo, gelido boato, accompagnato dal dondolio del lampadario a neon circolare della cucina. Capisco da subito che non è locale, non è la replica del sisma del 1997.
Ma "sento" che qualcosa di terribile è successo. Avverto il vuoto.
Comincio a cercare sul web, e la mia connessione tramite segnale flebile WiMax mi comincia a dare conferma dei timori... No, perchè proprio lì, non è possibile...
Rimango impietrito, a forza vado a dormire: sono le 6.15 del mattino, ma il pensiero va alla città che Rimane Immutata...
Ma dormo male e poco, accendo la televisione e piango: ferito, in silenzio, pietrificato.
Più passa il tempo più sale la rabbia per lo spettacolo che ci tocca subire: avvoltoi ai quali par bello godere delle disgrazie altrui, parlano senza senso di luoghi assenti e ridotti in cenere, mentre aleggia il dolore di chi resta ferito eternamente...
Ormai ho deciso, anche se è da incauti avvicinarsi all'epicentro, devo andare, ho bisogno di vedere, di far vedere ciò che non ci dicono.
Deciso: mi informo, chiedo dritte ad amici, evito le autostrade chiuse, arrivo da Rieti, e fino alla porta della città nulla sembra essere accaduto. Ma prima la tendopoli, poi i primi edifici di periferia annunciano l'inizio della fine...
Decido di entrare a piedi, in segno di rispetto, in silenzio. Scelgo l'orario del pranzo per evadere i sicuri blocchi, uso il mestiere, l'arguzia, lo sgomento per entrare nella zona off-limits...Ovunque è distruzione. Terrificante vedere come sia solo ciò che è nuovo, moderno, o tecnicamente ammodernizzato. La demenza del presentuoso uomo contemporaneo ed il suo modus edificandi sono deleterio, povero, inutile...
Straziante il racconto dell'anziano che ovviamente fotografo con la memoria: mi racconta di come la sua casa abbia resistito al terremoto del 1703, e che la gemella accanto custodiva il fratello ormai infermo. Stringeva in mano il documento comunale che lo obbligava a mettere a norma il vecchio tetto ligneo con un più moderno solaio in cemento armato. Fato volle che la notte precedente sua moglie si sia addormentata vicino al cognato dopo averlo accudito per i dolori della vecchiaia. Il moderno e meraviglioso tetto in cemento armato cede, sfonda il solaio della casetta a due piani e disintegra i due poveretti, mentre lui, miracolato perchè ancora sotto il vecchio tetto ligneo, presentava solo un escoriazione alla tempia sinistra, e sventolava disperato il documento di resoconto spese: "Chi mi restituirà i miei 20.000€ spesi per far uccidere mia moglie e mio fratello. Chi?"Piango con lui, e gli chiedo scusa. Perchè in questi anni non sono stato in grado di fermare lo scempio della nostra cultura architettonica, ammazzata da ignoranti incompetenze di finti possessori dell'umano scibile schiavi del danaro e dell'edificar per soldi...
Decido di dedicare il resoconto del disastro a Lei, all'Architettura ferita dalla stolta presunzione dell'uomo del XXI secolo...
Entro nel centro storico, e resto basito, impotente...
Non riesco più a parlare, non ho pranzato, ho la nausea...
...ed alle 15.54 c'è un'altra scossa, forte, lunga. Io sono in strada, cadono cornicioni, la terra si apre...Continuo a promettere di allontanarmi, ma continuo a girare intorno, mi nascondo e poi rispunto fuori. Attonito, vago come disperato, in silenzio...Tutto è fermo, immobile, vagando vedo resti di edifici che custodiscono vite spezzate, chiamo i soccorsi in un convitto di suore crollato, mi rispondono che sanno che lì sotto ormai sono rimasti in 4, giovani, e la mano che ho scorto è di uno di loro...
Basta, decido che non ne posso più, che quel che potevo l'ho fatto. Ma vado avanti, per rabbia, continuo a vagare senza meta...
Ore 17.13: trema ancora, tutto, ma il rumore è ancor più tenebroso.
Ecco, ho trovato come aprirò il reportage che mi han richiesto dalla città terremotata: un semplice tratto tremulo su un muro di un ignaro abitante della città fantasma che dichiara, forse involontariamente, il sentimento che provo per L'Aquila:A presto...