Di libri, caffè e della polemica delle bookfluencer
Da quando ho iniziato a scrivere I caffè della libertà ho ripreso a leggere. Tanto. Tantissimo. Almeno rispetto alla vecchia e vecchissima me. Sempre di più. Leggo per svago, leggo libri diversi tra loro, seguo consigli, mi innamoro di copertine o di quarte, mi concedo il lusso di lasciare a metà i libri che non mi prendono, è una delle libertà dei quarant'anni (che oggi son quarantuno, ma vabè!).
Quando cucino o sistemo i panni ho preso l'abitudine di guardare le Instagram Stories. Ieri sera ne ho seguita con attenzione una serie di Giulia Ciarapica (il suo Una volta è abbastanza sta per arrivare sul mio comodino!), una che scrive di libri (e scrive libri) che mi piace molto. Parlava di una polemica sulle bookfluencer e diceva la sua, la diceva bene e la diceva giusta (la trovate come @giulia_ciarapix su Instagram e per un po' "quelle storie" sono ancora visibili).
Stamani mi è passato in timeline l'articolo confutato da Giulia, riportato da un noto portale di gossip.
Ed eccomi qua, anch'io in difesa delle bookfluencer. Anch'io un po' arrabbiata, come donna e come blogger. Questo suffisso -fluencer mi ha rotto. Prima eri blogger o vlogger. Eri content writer o giornalista (se ne avevi titolo, in quest'ultimo caso). Adesso sei influencer.
Gli influencer nascono con Instagram come unico canale di comunicazione. Bei ragazzi o belle ragazze, belle foto. Basta. Quelli bravi hanno subito fatto la differenza, aprendo altri canali (blog o youtube), oppure creando altro. Sono rimasti influencer solo quelli che avevano "solo" (beati loro, eh!) la bellezza. La parola ha preso piede: più nuova di blogger, meno cacofonica di vlogger: siamo diventati tutti influencer.
E no. Chi ha una professionalità alle spalle sarà pure in grado di influenzare i gusti e gli acquisti, ma di mestiere fa altro... No?
E poi quest'invettiva contro le donne, questo voler sminuire col termine "vetrinista". No, non ci sto. La vetrina serve perché dietro, oltre, c'è altro. Quale libreria non ha i libri del momento sullo scaffale più in vista? Le nuove uscite, i più letti. Nelle librerie indipendenti la disposizione dei libri, che cambia di settimana in settimana, è al limite del commovente: trapela amore e si vede. Un libro messo in un punto e non in un altro te lo fa saltare all'occhio, prendere in mano, girare.
Qualche settimana fa, facendo questo gesto, ho letto: <<Maria aveva trascorso l'intera mattinata chiusa in camera, e dopo una lunga ricerca su Internet aveva scoperto di essere ancora vergine>> (Elvis Malaj, Dal tuo terrazzo si vede casa mia, Racconti edizioni, 2017). L'ho comprato subito, ho messo i piatti in lavastoviglie alla velocità della luce per iniziare a leggerlo (sì, leggo solo a letto!) e detto a mio marito: <<Enrico, ho preso un libro che sembra una figata, appena lo finisco te lo passo>>.
È una figata, sta piacendo anche a lui. E ringrazio le bimbe di Lettera 22 per averlo messo in un posto dove la copertina ha colpito la mia attenzione. La quarta ha fatto il resto. Lettera 22, che ultimamente frequento spesso, è una caffetteria letteraria, ovvero vende libri e caffè, romanzi e cappuccini, storie e tisane.
Il binomio "qualcosa da leggere" e "qualcosa da bere" è stretto e naturale. Le caffetterie letterarie sono sempre di più e sono luoghi di pace, per chi ama la lettura. Perché condannare una bookblogger, cioè tutte, di fatto, per presentare un libro insieme a un caffè?
E poi sempre le donne. Oggi non mi placo, devo togliermi un altro sassolino. Le donne. Ma cos'abbiamo fatto di male ad essere donne? Nelle aziende non ci vogliono, perché quando facciamo i figli stiamo a casa. Ci creiamo lavori alternativi, per conciliare famiglia, pagnotta e soddisfazioni personali e non vanno bene nemmeno questi: si sembra vetriniste. Daje.
La vetrina può fare la differenza, perché la vetrina è il primo approccio. Entro o non entro, leggo o non leggo? Lo decidi sulla porta, camminando, scorrendo la tua timeline. Con tutto quello che c'è da leggere, se approfondire o no lo decidi proprio dalla vetrina. E allora, cosa c'è di meglio che una bella fotina, con una bella tovaglina e un bel caffettino?
In tutto questo, io ho scritto un libro che parla della mia storia, dalla creazione di questo blog per gioco al licenziarmi da un posto pubblico per diventare blogger professionista. L'ho intitolato I caffè della libertà. Di più. In questo momento sul comodino ho Cosa resta di noi di Giampaolo Simi: pure lì c'è una bookblogger. Coincidenze.
Ph. credits Elleffe Photography
P.S. Se comprerete uno dei libri citati, o altri, passando da questi link, voi pagherete lo stesso e io riceverò una piccola percentuale della vostra spesa. (anche) Così campano i blogger!